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Centro Culturale Citeriore

Associazione Culturale molto attiva, specialmente tramite i social networks, a San Valentino (PE).

Tratto da ‘Il Mosaico’ N°7 - Gennaio - Maggio 2014 – Rivista quadrimestrale del Centro Culturale Citeriore con sede a San Valentino in A.C. (PE) inseriamo questo suggestivo e appasionante affresco di San Valentino -

"ALI E RADICI" - di Arianna Pascetta

I confini dividono lo spazio, ma non sono semplici barriere.
Penso questo mentre un pomeriggio assolato, neutrale e pigro mi accompagna fra le vie di San Valentino pahèse ‘ngandate, nghe le murajje fatte a ciammariche, sopr’ a ste culline (1).
Ho un percorso ormai tatuato nella mente e nell’anima, anche quando vado via, che parte da na cchjisarelle (non più) abbandunate a la torra quadrate d’lu castélle, che è spavalde quanda fére lu harbìne, currùsche gna lambégge a lu Murrone fino alla Catedràle nghe la facciate de lu Vambetèlle. Scende dalla fontana di Sansone a Sand’ Andonie nghe la faccia barocche. Serpeggia fra gli stretti vicoletti e scorge i palazzi Bajocco e Bottari, il muraglione da dove si vede anche il mare, la fundane d’la Venere Farnese fino ad arrivare a Sanda Nicole dove sta la cchjise attaccate allu candone. E snodate intorno, tutte le contrade, alcune delle quali cantate dal poeta Giuseppe Tontodonati, utilizzando semplicemente il loro nome, già capace di per se di evocare storie di una quotidianità generosa e quasi magica: Repare, Truvigliane, le Macchie, Vill’amene, Cannilore, la Schiorte, Brecciarole e Pranzihane, Frainìbbele, Fussate, Zecchenotte, Trujane, Pizzute, L’Ore, le Cannafischie, le Quattre Recotte, la Madonne de la Croce dove la Fede te’ sapor andiche e ccéle e ttérre arennudé stu file pure gna ci crisscéve la reddìche.
Seguo una sorta di filo dal respiro atavico steso in mille anni e più a tracciare l’essenziale condiviso, essenziale per piangere, ridere, ricordare, contemplare ed immaginare.
Come in una terrazza aperte ci surride la Majella (2) dalle sponde celeste de lu cele.
Lei che prende il nome da una dea guerriera ferita per aver perso il figlio, scagliò tutta la sua disperazione contro la montagna, creando grotte ed inghiottitoi ma seppe poi diventare fertile e prodiga, trasformando la rabbia in un lungo pianto da cui germogliarono piante con fiori gialli: quelli del maggiociondolo.
Scelgo, in questa terra d’antichi briganti e signorotti, funzionari e contadini, santi, scalpellini, poeti e cantautori, i suoi fiori come amuleto per queste giornate di Maggio, giornate di teatro, musica, danza e condivisione.
Il tronco del “Maggio” (3) non è mai lineare né robusto ma si piega, si accontenta del poco di cui dispone ed è buono per le cose resistenti.
Nel mondo sempre più globale in cui viviamo oggi, in fondo i confini sono identità e responsabilità, radici ma anche ali per chi sa varcarli.

NOTE:
1. Le espressioni dialettali in corsivo sono liberamente estratte dalle poesie di Sa’ Mmalindine e da Poesie inedite di Giuseppe Tontodonati.
2. La Majella sta in fondo a tutte le cose e come scrisse lo scrittore di Pescina Ignazio Silone: Il fattore costante dell’esistenza degli abruzzesi è la natura.
3. Il maggiociondolo o avorniello (“Laburnum anagyroides”) appartiene alla famiglia delle leguminose.

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